mercoledì 22 febbraio 2017

"Vietato morire" di Ermal Meta: significato

Vietato morire è una canzone di Sanremo 2017 che mi ha colpito di cui ho cercato di capire meglio il significato del testo.
Ermal Meta è un giovane artista albanese che sta emergendo nel panorama della musica italiana.
Con l'aiuto del critico musicale Luca Landoni di radiomusik.it, ho scoperto che è possibile farne un’esegesi della canzone analizzandola parola per parola.
Anzitutto il contesto: quello che parla è il figlio di un padre che picchia lui e sua madre.
Già dalla prima strofa si rivolge alla mamma, della quale ricorda la collana con la pietra magica che gli aveva regalato e la necessità di crescere in fretta per proteggerla.
Una frase è emblematica, la parte più bella del testo, quando la madre dice al figlio:
Figlio mio ricorda: L’uomo che tu diventerai non sarà mai più grande dell’amore che dai".
Insomma l’insegnamento è che la violenza ricevuta non cambia il fatto che solo l’amore conta e rende grande un uomo.
Qui si inserisce anche l’altro passaggio cardine del testo:
Ricorda di disobbedire perché è vietato morire”.
Qui il significato lo ha spiegato lo stesso Ermal Meta in diverse interviste. Bisogna disobbedire alla violenza, ovvero rifiutarla anche se, come in questo caso, è l’insegnamento che si riceve dal proprio genitore.
La seconda parte ha più vie interpretative.
Vietato Morire – che è anche il titolo del brano – è il risultato della disobbedienza alla violenza, ovvero solo chi non accetta la violenza non muore dentro.
Altro significato è che la violenza è un meccanismo perverso, una spirale che porta alla morte.
Il cantante ha spiegato il senso di "Vietato morire" dicendo che rappresenta il concetto di parlare, comunicare ed esprimersi.
Quindi non bisogna stare zitti e bisogna "disobbedire" di fronte ad ogni forma di prevaricazione e capire il momento giusto in cui bisogna dire "basta".




Viaggio nel Magistero: EVANGELII NUNTIANDI

L’Evangelii Nuntiandi è una Esortazione apostolica di Papa Paolo VI, del 1975, che si fonda proprio sull’ “impegno di annunziare il vangelo agli uomini del nostro tempo”.
Lo stile di Paolo VI è quello di arrivare al cuore delle persone “animate, dalla speranza, ma, parimente, spesso travagliate dalla paura e dall’angoscia.” (n.1)
L’allora cardinale Bergoglio ha citato il documento nel suo intervento in Congregazione Generale prima del Conclave:
“Pensando al prossimo Papa, c’è bisogno di un uomo che aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso la periferia esistenziale dell’umanità, in modo da essere madre feconda della ‘dolce e confortante gioia di evangelizzare’”.
Frase ripresa dal n.80 della Evangelii Nuntiandi, dove Paolo VI si appella al fervore dei santi per evangelizzare, espressione che poi  sarà il corollario della Evangelii Gaudium di Francesco.
Un accenno importante, dell’Esortazione di Papa Montini, è quello allo Spirito Santo come agente principale dell’evangelizzazione. “E’ lui  che spinge ad annunziare il Vangelo e che nell'intimo delle coscienze fa accogliere e comprendere la parola della salvezza.” (75)
Ma la suggestione più significativa che emerge, a mio avviso, dal documento, è la testimonianza personale di chi evangelizza.
La mancanza di coerenza tra il dire e il fare, vissuta da coloro che annunciano il Vangelo, è un’antinomia fastidiosa e intollerabile.
E’ ormai universalmente riconosciuta una frase di Paolo VI, rifluita poi nella Evangelii Nuntiandi, che ne riassume il suo pensiero:
“L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni…”(n.41)
Il testo poi incalza:
“La Chiesa evangelizzerà mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo…” (n.41)

Considerazioni significative e forti che fanno ben comprendere la strada profetica che la chiesa deve percorrere con persone autentiche e veritiere.


domenica 5 febbraio 2017

"Spaccato in due" monologo di Federico Benna

Federico Benna, insegnante cremonese, ha portato in scena un suggestivo e toccante monologo sulla storia di Gianluca Firetti, giovane perito agrario e calciatore di Sospiro (CR), che a soli 18 anni si è ammalato di tumore osseo ed è morto, dopo due anni di malattia, nel 2015.
Due stralci del suo monologo sono stati  presentati agli studenti dell'Itas di Piacenza, nell'aula Magna, il 3 dicembre 2016 e qui riportati in video.
Sono pezzi commoventi che esprimono al meglio il teatro - meditazione.
Questo lavoro presentato interamente in diverse occasioni a Cremona è veramente un'opera carica di emozioni.
Ci racconta Federico che:
"Non è uno spettacolo 'religioso' o da vedersi solamente da credenti.
Chiunque davanti al dolore e alla morte ha rabbia, disperazione, si pone domande, ha paura, cerca speranza...
Gianluca Firetti ha passato tutte queste fasi, poi ha cominciato a fare spazio alla fede e lì ha trovato un senso al suo dolore."