E’ un mondo che in parte
non riusciamo a cogliere
fino in fondo, ma con
il quale i papi, da Paolo
VI in poi, cercano di aprire un
dialogo costruttivo.
Stiamo
parlando del mondo ortodosso,
che a Creta a fine giugno
ha vissuto il suo primo Concilio.
Ne parliamo con don Basilio
Petrà, sacerdote di Prato,
intervenuto nelle scorse settimane
al convegno nazionale
dal SAE al Centro pastorale
Bellotta di Pontenure.
— Don Basilio, la Chiesa respira
con due polmoni,
l’Oriente e l’Occidente. Lei,
che è nato da genitori ortodossi,
come vede tutto questo?
Penso che bisognerebbe essere
più consapevoli del fatto
di avere più polmoni. Anzi, a
dire il vero non sono soltanto
due. C’è anche il polmone siriaco,
una tradizione da non
dimenticare. Un teologo dovrebbe
prendere atto di questa
molteplicità di presenze e di
espressioni della Chiesa. Occorre,
in altre parole, un’ampiezza
cattolica reale del pensare
e del sentire.
— Quali sono le caratteristiche
principali del polmone
orientale?
L’Oriente greco è segnato
dalla percezione dell’esistenza
umana chiamata alla divinizzazione.
L’uomo è stato creato
per diventare partecipe della
natura divina condividendo
l’esistenza di Dio in un disegno
di comunione vitale.
Nell’Oriente si avverte con
forza che la Chiesa si colloca
all’interno di una tradizione
vivente con cui va mantenuto
un legame costante. Tutto ciò
non si oppone all’apertura alla
novità e alle nuove necessità.
Il Concilio ecumenico Vaticano
II in tanti punti si ispira
alla teologia dei padri Greci,
riprende la prospettiva antropologica
cristocentrica e la
concezione della chiamata
dell’uomo a partecipare e condividere
l’esistenza di Dio in
Cristo. Il Concilio è stato perciò
il luogo in cui i due polmoni
hanno cominciato a sintonizzarsi.
Oggi, consapevoli di
ciò che ci unisce, andrebbero
riprese con maggiore decisione
le sollecitazioni avviate dal
Concilio.
— Qual è il ruolo dello Spirito Santo nell’esperienza ortodossa?
In passato si è molto insistito
sul maggior carattere pneumatocentrico
della tradizione
ortodossa rispetto alla Chiesa
latina.
In parte è vero, ma
nell’Oriente lo Spirito non è
mai visto indipendentemente
dal Cristo e dalla vita trinitaria.
Lo Spirito ha un ruolo centrale
perché tutto è dovuto alla
sua azione.
L’azione dello
Spirito è di “cristificare” il
mondo e l’uomo, cioè di portare
alla partecipazione della
vita divina l’uomo e il cosmo.
Lo Spirito è chiamato a trasformare
l’uomo in modo da
diventare sempre più intimamente
simile, come struttura,
come modo di pensare e di
agire, al Cristo Signore.
Praticamente,
“vivere in Cristo” secondo
l’indicazione di San
Paolo.
Gli ortodossi insistono
che non si tratta di aggiungere
virtù a virtù, ma di esistere in
un certo modo, cioè acquisire
l’esistenza conforme all’esistenza
stessa di Dio.
Lo Spirito
chiede a me come persona di
entrare in un rapporto di comunione
interiore sempre
maggiore con il Cristo.
— Nei “Racconti di un pellegrino
russo” si parla della
preghiera del cuore con l’invocazione:
“Signore Gesù Cristo,
abbi pietà di me peccatore”. In
questo quadro, che significato
ha questa preghiera?
La “preghiera continua” è
l’elemento fondamentale che
esprime più adeguatamente la
prospettiva spirituale dell’Ortodossia.
Nella preghiera di
Gesù vi è il riconoscimento
della gloria divina, che si fa
carne in Cristo e che arriva a
noi attraverso la figliolanza
divina di Cristo.
Vi è poi la
consapevolezza del nostro
peccato, della nostra povertà,
del nostro non avere nessun
diritto da vantare nei confronti
di Dio.
Noi siamo caratterizzati
dalla nostra ingiustizia,
siamo peccatori…
Però fra il
Signore e noi c’è il ponte, cioè
la misericordia.
Il Cristo, nella prospettiva
orientale, non è una presenza
lontana.
In forza del battesimo
noi siamo viventi in Cristo e
Cristo è in noi.
Possono sembrare
riflessioni astratte; in realtà
questa preghiera manifesta
la sua forza quando l’orante
concretamente vive.
— Dall’incontro a Cuba a febbraio
tra Francesco e il patriarca
di Mosca Kirill alla
visite a Lesbo e in Armenia:
come vive la Chiesa ortodossa
queste aperture al dialogo?
Ogni incontro andrebbe visto
separatamente.
La Chiesa
ortodossa non è come la Chiesa
cattolica, ma è una comunione
di Chiese nazionali autocefale.
Non ha al suo interno
una figura dotata di autorità
come il Romano Pontefice.
Il
Patriarca di Costantinopoli ha
un primato d’onore che vorrebbe
estendere maggiormente
o comunque vedere più riconosciuto,
ma non può parlare
a nome dell’Ortodossia se
non ha il consenso delle altre
Chiese.
A Cuba papa Francesco
e Kirill hanno compiuto
un passo importante.
Il Patriarca
ha riconosciuto l’esistenza
delle chiese greco-cattoliche.
L’incontro di Lesbo,
invece, ha colpito molto ortodossi greci, ma non bisogna
da qui trarre conclusioni universali
per l’Ortodossia, ogni
volta le cose vanno viste nel
loro proprio contesto.
Anche riguardo al Conclio
pan-ortodosso, il cammino
non è stato facile.
Se ne parlava
dagli inizi del ‘900, poi la
cosa si bloccò anche per la fine
del socialismo reale nei Paesi
del blocco sovietico.
Alla fine
il Patriarca di Costantinopoli
ha accelerato e il Concilio si è
messo in moto. è però sufficiente
che una piccola Chiesa
come Cipro, che conta 300mila
fedeli, blocchi un documento,
che quest’ultimo non avrà valenza
per tutta l’Ortodossia.
Il Concilio vuole mostrare
in primo luogo agli ortodossi
stessi che le Chiese ortodosse
sono un’unica Chiesa.
— Qual è invece la forza di
avere un’unica autorità come
il Papa nella Chiesa cattolica?
C’è un teologo e filosofo
greco giovane, l’archimandrita
Giovanni Panteleimon Manussakis,
che sostiene che l'Ortodossia ha bisogno di più elementi simili a quelli del Papato e che la Chiesa cattolica, nel vedere il Papato, avrebbe bisogno di più elementi simili a quelli dell’Ortodossia.
La Chiesa ortodossa dovrebbe cioè darsi più strumenti per vivere l’unità, ma senza l’investimento teologico che la Chiesa cattolica dà al Papato.
Dall’altra parte, il Papato avrebbe bisogno di dare maggiore spazio alla sinodalità e all’autonomia delle Chiese locali, articolando meglio, secondo lui, l’unità e la diversità.
Davide Maloberti
Riccardo Tonna
da Il Nuovo Giornale 1/07/2016
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