mercoledì 30 novembre 2016

La testimonianza di vita di un giovane: Nicolò Govoni

Mi chiamo Nicolò Govoni, ho 23 anni, sono originario di Cremona, ma vivo in India da due anni, dove studio giornalismo. Mi sono trasferito qui per continuare una missione di volontariato intrapresa ormai tre anni orsono presso Dayavu Home, un piccolo orfanotrofio situato in Tamil Nadu, uno degli stati più poveri dell’India meridionale. Questa decisione ha cambiato per sempre la mia vita.

Amo: leggere, fare esperienza di ogni tipo, avere ragione ed essere contraddetto.
Disdegno: le melanzane, le menzogne e l’ignavia.
Desidero avere un impatto positivo sul mondo


Il libro di Nicolò è stato scritto per aiutare  i bambini dell’orfanotrofio Dayavu Boy’s Home in India protagonisti del romanzo.


‘Uno’ è il sogno di quando ero bambino.
Il sogno di quando perdevo i denti da latte e gli adulti mi chiedevano: ‘Cosa vuoi fare da grande?’ E io, con loro sorpresa, anziché il cowboy, l’astronauta o il calciatore, rispondevo: ‘Lo scrittore!’
‘Uno’ è il sogno di quando ero ragazzino, e i genitori dei miei compagni di scuola non volevano che i figli giocassero con me, perché ero diverso.
‘Uno’ è il sogno di un adolescente che sfuggiva alla solitudine rifugiandosi nei libri. Scendeva le scale di cellulosa, si chiudeva la copertina alle spalle come fosse una porta blindata, e lì si chiedeva: ‘Ma chi sono io?’
Solo che poi il sogno si spegne. Come una lucciola. Se la stringi troppo nel palmo della mano la sua luce palpita, e infine svanisce. Muta. Sepolta.
‘Uno’, infine, smise di essere il mio sogno. E io smisi di scrivere.
Sono stato bocciato, due volte. Ho avuto problemi con la legge, e me la sono vista brutta. Ho litigato con ogni singolo membro della mia famiglia, e ci siamo detti il peggio, ancora e ancora. Ho avuto problemi con i miei coetanei. Ho iniziato a vedere uno psicologo.
E mi sono innamorato. Un amore dolce, metallico, ossessivo.
Ero spezzato, con quell’ingenuità di cui solo gli adolescenti sono capaci.
Avevo vent’anni, e non ne potevo più di me stesso.

Decisi di partire.
Per far fronte alla critica condizione economica famigliare vendetti tutto quello che avevo in camera: scarpe, camicie, videogiochi, libri e fumetti, maglioni, giocattoli, orologi.
Un giorno di marzo, circondato dagli amici più cari, comprai alla cieca e di nascosto un biglietto aereo per l’India. Poi decisi di unirmi a un progetto di volontariato internazionale che mi spedì in un piccolo orfanotrofio del Sud.
A vent’anni, insoddisfatto e asfissiato dalla realtà che mi circondava, spinto da questo impulso a scoprire il mondo con i miei occhi, partii.
Quel giorno ricominciai a scrivere...



 C O N T I N U A! sul sito di Nicolò








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