sabato 31 agosto 2013

Violenza sulle donne: parliamone...



3054242986_02661f2651.jpgPer affrontare questo argomento parto da un episodio raccontato in un libro “Non mi piace il fatto che sei bella” di Loredana Frescura “ che mi ha molto colpito ed emozionato.
Il contesto del racconto:
Festa di chiusura d’anno della prima liceo.
Ci sono centinaia di ragazzi. Il ritrovo è per le 18 nella palestra della scuola.
Dopo qualche ora Rosa, la protagonista del libro si annoia e decide di tornare a casa. Appena fuori alcuni un po’ più grandi di lei le si fanno intorno…“Mi avvio verso la porta evitando di toccare le braccia sudate degli altri che bevono, fumano e ridono cercando di scambiarsi qualche battuta sopra il suono assordante della musica.
Fuori l’aria è fresca e il sole appena tramontato regala ancora qualche bagliore un po’ ammaccato.
Sento il mio nome; è come se fosse il richiamo di un incubo dal quale ci si vuole liberare.
“Ehi, Rosa, mica te ne starai andando, vero?”:
Sembra quasi la prima frase di un film, quella voce così roca e impastata, ho la sensazione che gli alcolici non fossero poi così vietati.
Me li trovo davanti mezzi seri e mezzi sorridenti, come volpi in perlustrazione vicino a un pollaio.
Provo a muovermi e quelli fanno un passo. Me li trovo intorno che mi fissano.
Ho paura, anche se non so bene da dove arrivi, se dallo stomaco che sta per rivoltarsi o dalla testa che cerca di imbrogliarmi rassicurandomi che tutto va bene, basta gridare.
Il dramma è che non ho voce.
La città sembra scomparsa, assorbita da qualche nuvola di passaggio; non c’è nessuno in giro, anche le macchine passano rade e veloci.
Uno dei tre allunga un braccio fino a sfiorare il mio giubbotto e sussurra:
“Belle gambe”. Gli altri due ridacchiano e si avvicinano: mi manca l’aria, forse sto per svenire, non sono mai svenuta in vita mia, anche se ci sono stata vicina la prima volta che
mi hanno fatto un prelievo e l’infermiera così gentile non trovava la vena, tirava fuori l’ago e lo rinfilava, poi borbottando lo tirava fuori di nuovo e sudava, sudava.
Forse a svenire si trova la pace, forse si fugge lontano e si vedono le immagini di quando eri nella pancia della mamma: Acqua tiepida e sicura, battito del cuore come musica Jazz, rotoli di adipe dove rimbalzare.
Adesso urlo. Viene fuori un fiotto di una sola vocale, che stride ma non fa rumore. I tre ridono di gusto.
“Non ti spaventare bambina. Ci divertiamo. La vita è così breve”.
Lo capisco che la mia paura li eccita, ma non posso non provarla: quante volte ho letto di queste situazioni? E le trovavo paradossali, vere, certo, ma forse un pochino esagerate. Invece no: sono tenaglie
infuocate che ti si chiudono sullo stomaco e ti senti senza mani e senza piedi, senza niente per lottare.
“Ehi, voi. Che cosa state facendo?”.
La voce, diversa, arriva da dietro. Nessuno si muove, uno dei tre apre la bocca: “Gabriele, vieni, c’è un pesciolino nella rete”.
Sento i passi che si avvicinano e prego che sia un poliziotto, un padre che è venuto ad aspettare la figlia o che è venuto a ricordarle l’orario per il rientro a casa, o magari Superman che elimina le scorie di criptonite.
Ho anche bisogno di fare la pipì, la vescica mi scoppia e sento crampi dolorosi alla pancia.
Ora vedo il nuovo arrivato e fermo le lacrime abbassando le palpebre: è uno del gruppo, è uno di loro.
”Ehi, idioti, lasciatela stare, che cavolo vi è preso?”.
Respiro di nuovo e tento lo sguardo nel suo. Non mi sta osservando: sembra pieno di collera. E’ ripulito dalla testa ai piedi, è perfetto, quasi la copia di un attore inglese, ma gli occhi sono fermi e lucidi;
forse lui non ha bevuto. Oh Dio, ti prego, fa che possa tornare a casa, subito.
Si fa largo nel cerchio e mi raggiunge.
“Ma dico, siete impazziti? Lasciatela stare. E tu ragazzina, vai a casa”.
Io, ragazzina, vado a casa, se solo le gambe si muovessero, se solo il respiro tornasse normale io volerei a casa, io mi fionderei a casa, e resterei lì mille anni, ti prego, spostami le gambe:
ti prego, Uomo Ragno, prestami tre o quattro zampe delle tue.
Sembrano riprendersi, sembra che un lume di ragione sia tornato.
“E dai, era solo uno scherzo, vero, piccolina?”.
Il cerchio si apre, ma io non mi muovo.
“Non vi sarete per caso calati? Ci mancava solo questa…”.
“Ma dai, Gabriele. Forse non ti piacciono più le ragazze?”.
Mentre, gli altri ridono, si sente un tonfo, mica tanto forte, uno splat dei fumetti, e quello con la bocca ancora aperta me lo trovo davanti, lungo disteso.
Finalmente mi scappa l’urlo, quello che era rimasto nella trachea a sostare pericolosamente. E’ un urlo bellissimo con tanta voce e tanta paura che si trasforma in rabbia.
Le gambe si muovono, prima i piedi accettano di fare qualche passo, poi volano via. Verso casa.”
(L. Frescura)
Un brano stupendo che mi ha commosso, con un abile penna, l'autrice, sa fermare i pensieri e le emozioni di Rosa ed esprime il suo stato d’animo, la paura dinanzi a una possibile violenza…
Casi di questo tipo purtroppo sono all’ordine del giorno.
Giovani che, magari si lasciano andare all’alcool, dopo di che in gruppo consumano stupri.
Alessandra Kustemann ginecologa, fondatrice nel 1996 del Soccorso Violenza Sessuale (SvS) della Mangiagalli di Milano parla in una intervista (Corriere della sera 20.08.2010),
dell’aumento degli stupri legati all’abuso di alcool(triplicati) negli ultimi dieci anni.
Ecco alcuni titoli di giornale, dove i casi si susseguono uno dopo l'altro:
«Fatta ubriacare e violentata» (Milano, 5 agosto);
«C'è un impasto di alcol e di lingue, nella violenza sessuale avvenuta a pochi passi da via Camerelle, nel cuore ultra-chic di Capri» (9 agosto);
«Avevamo bevuto un po' tutti, eravamo su di giri» (presunto stupro nei bagni della discoteca Maison a Castel Sant'Angelo, 11 agosto).
Un fenomeno - quello di una bevuta di troppo cui segue la maledetta aggressione - che i dati dell'Svs della Mangiagalli fotografano con forza: degli stupri avvenuti dal 1° gennaio al 17 agosto
di quest'anno, uno su quattro sconta l'effetto ubriacatura (25%).
L'età media delle vittime è tra i 15 e i 20 anni.
Questo rapporto del SvS ci fa comprendere come il fenomeno sia in netta crescita nei giovani.
«E il rischio di perdere la lucidità è sottovalutato», insiste la ginecologa, tra le prime in Italia a creare un centro con supporto medico, psicologico e sociale a favore di donne e bambini che hanno
subito violenza sessuale e domestica.
Nei primi otto mesi e mezzo del 2010 le violenze sessuali con vittime al di sopra dei 14 anni sono state 183. Per 42 le cartelle cliniche della Mangiagalli segnalano l'abuso di alcol tra le giovanissime
(nel 5% dei casi anche l'uso di droghe occasionali come la cannabis o la cocaina).
«Quando sono tra amici le ragazze spesso si sentono protette - ribadisce Kustermann -. Fidarsi troppo, però, può diventare pericoloso. È sempre meglio, per esempio, farsi accompagnare a casa in auto da più di un amico».
Non è un allarme eccessivo perché purtroppo l'alcol è socialmente accettato e non se ne vedono i pericoli.
L’alcol fa saltare i freni inibitori e scattano queste dinamiche di violenza.
Sempre la Kustermann in questa intervista sottolinea:
«Alla base di tutto c'è una questione (irrisolta) di educazione. Quella che deve portare i maschi, sempre e comunque, a rispettare le donne».
Quindi anche se c'è di mezzo un bicchiere di troppo, a mio avviso, il rispetto, l’autocontrollo sono elementi fondamentali per il vivere civile…
Un cammino ancora faticoso di educazione…
Però deve essere chiara, secondo me, da parte di tutta la società, la condanna di questi atteggiamenti attraverso anche la proposizione di regole più decise e una continua prevenzione.

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